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ACCHIAPPANOSTALGIA...

...STIAMO RACCOGLIENDO LE VOSTRE E LE NOSTRE COSE....
LA SCUOLA VA RIPULITA, RIORDINATA E INSCATOLATE TUTTE LE COSE...
RIVEDERE I DISEGNI, LE AULE, I GIOCHI, I LIBRI CHE TANTO CI HANNO FATTO SOGNARE, CI FANNO PENSARE A QUANTO SIA STATO BELLO ANDARE A SCUOLA...UNA PICCOLA GRANDE FORTUNA...

Tra I TANTI LIBRI CHE ABBIAMO LETTO MI E' CAPITATO TRA LE MANI PROPRIO QUESTO....L'ACCHIAPPANOSTALGIA DI LUCIA NALDI. UN BEL LIBRO SCRITTO CON SAPIENZA E CHE PER RENDERLO ALLA PORTATA DI TUTTI, RISCRISSI COSI'....

In un villaggio ai piedi della collina, vicino ad un fiume dalle rive piene di sassi e cespugli, c’era la tenda di una famiglia felice. Il papà, Orso Bruno, cavalcava tutto il giorno a caccia di cibo con un cavallo nero, veloce e robusto, mentre la mamma, Luna Placida, raccoglieva erbe, con le quali preparava zuppe profumate, poi lavorava le pelli per fare scarpe, abiti e borse per i suoi bambini e naturalmente si occupava degli animali da cortile.

La figlia più grande, Sguardo Lucente, così la chiamarono quando nacque. Appena aveva aperto gli occhi, tutti erano rimasti incantati dal loro colore: erano verdi, con pagliuzze dorate e brune.

Alla luce del sole diventavano quasi verde-azzurro, come la acque del laghi di montagna, quando invece c’erano le nuvole o la pioggia, assumevano sfumature grigie.

Le giornate scorrevano tranquille e di sera Luna Placida cantava lente canzoni per far dormire i suoi piccoli. Solo i rumori della natura accompagnavano il sereno scorrere delle ore.

Un giorno si scorse in lontananza un fitto polverone, denso e grigio, come il fumo di un grande fuoco. La polvere che avanzava e si colorava di giallo e marrone, formando mulinelli che trascinavano foglie e sabbia. Nel villaggio tutti si radunarono a guardare, immobili, quasi stregati dallo strano fatto.

Improvvisamente la polvere si fermò, calò pesante a terra e dall’aria diventata immobile emersero figure a  cavallo, con capelli chiari, vestiti blu polverosi e strani oggetti di metallo.

Rimasero fermi, mentre il più anziano di loro, dalla barba bianca e dagli occhi azzurri, freddi come il ghiaccio, avanzava lentamente.

Grande Bisonte, il capo tribù, gli si fece incontro, appoggiandosi al lungo bastone e al suo passaggio tutti si fermarono, in segno di rispetto.

Lo straniero scese da cavallo e gli si avvicinò. Chiese di parlare con lui in un luogo isolato e Grande Bisonte lo invitò nel tepee, la grande tenda al centro del villaggio, indicandoglielo con un movimento lento e solenne. Per tutta la durata dell’incontro, uno strano silenzio calò sulle cose e sulle persone. Dopo un tempo che sembrava non avere mai fine, lo straniero uscì dal tepee, si diresse verso i suoi uomini , salì sul cavallo e sparì nella nuvola di polvere che aveva accompagnato il suo arrivo.

Un volo di corvi neri passò sul villaggio, mentre aumentava l’attesa per Grande Bisonte, rimasto seduto immobile nel suo tepee.

Grande Bisonte si affacciò sulla soglia della tenda e “I capi famiglia vengano subito a colloquio nella grande tenda “ disse lentamente.

Poi uno ad uno gli uomini uscirono a capo chino, con i visi scuri e preoccupati.

Come un fulmine si diffuse la notizia.

Gli abitanti del villaggio dovevano spostarsi in un pasto chiamato “riserva”, perché la terra su cui avevano costruito il loro villaggio  non apparteneva più  a loro ma agli uomini dalla pelle bianca.

Sguardo Lucente si preparò al viaggio verso quel luogo lontano e sconosciuto insieme alla sua famiglia. La sera prima della partenza, fissando una luna piena che sembrava sorridere dal suo spazio sicuro e libero, salutò quel luogo magico in cui era cresciuta e aveva vissuto fino ad allora, con la certezza che nulla sarebbe stato più come prima.

Il tempo passava, Sguardo Lucente non aveva più un bel posto in mezzo alla verde, ma nella riserva che era stata assegnata alla sua tribù, dove i tepee erano circondati da un’alta palizzata e pochi erano gli alberi intorno.

Orso Bruno, non andando più a caccia, aveva venduto il suo nero cavallo e ogni mattina usciva dal villaggio unendosi ad una squadra di uomini che stava costruendo una strada di metallo. Tornava sfinito la sera, ma poteva sfamare la sua famiglia. Le canzoni di Luna Placida raccontavano di sole, di luce, di prati e facevano sognare i bambini. Sguardo Lucente e i suoi fratelli si sentivano in gabbia: odiavano i pali di legno che impedivano di vedere il paesaggio intorno al villaggio e si scatenavano in corse, in girotondi, costruendo giocattoli con quello che trovavano.

Aumentava in Sguardo Lucente il desiderio di tuffi nel ruscello, il ricordo del colore dei fiori, del profumo della terra a primavera, delle spighe mature.

Quando il dolore diventava troppo forte, Sguardo Lucente si riempiva con tutto quello che trovava nel suo tepee e mangiava, mangiava, inghiottiva e divorava ogni cosa commestibile.

Le sembrava di mettere così a tacere tutte le voci che le ricordavano la sua terra lontana e di conservare dentro di sé il sapore delle cose perdute e mai più ritrovate.

Il primo pensiero, appena sveglia era al suo villaggio perduto…e così si riempiva la bocca di focaccia…

Sguardo Lucente sentiva il proprio corpo diventare sempre più gonfio e pesante. I movimenti diventavano lenti e faticosi. Stava arrivando il freddo inverso nella riserva e così la sera stavano tutti attorno al fuoco ad ascoltare i racconti degli anziani e della loro vita prima dell’arrivo in quel luogo strano e chiuso. Le loro storie risvegliavano i ricordi di ciò che avevano imparato e vissuto molto tempo prima…Sguardo Lucente si riempiva il cuore ascoltando le storie e i suoi occhi tornarono a luccicare come stelle, quando Grande Bisonte le fece un dono…Le diede una ACCHIAPPANOSTALGIA….era un semplice cerchio legato con alcuni cordini fino a tessere una semplice ragnatela che ne attraversava il diametro. Grande Bisonte le disse con voce ferma e calda “Va a cercare tutti i tuoi ricordi e mettili qui”…Sguardo Lucente imprigionò nella tela, sassi, foglie e fiori, disegni e tutto ciò che la riportava col il ricordo al suo paradiso perduto…Aveva così un ACCHIAPPANOSTALGIA della sua terra.

Il desiderio di cibo diminuiva e con esso la tristezza, mentre ogni giorno, la tela si riempiva di figure.

 

“..Due cose  possono regalare i genitori ai figli: le radici e le ali”.


Domande per riflettere:

ANCHE A VOI A VOLTE CAPITA DI ESSERE TRISTI, OPPURE NERVOSI E ARRABBIATI…?

CI SONO COSE CHE TI MANCANO?

PARLANE CON LA MAMMA E IL PAPA'...

HAI VOGLIA DI FARE UN GIOCO?

PROVA AD INVENTARE NOMI INDIANI PER TE E PER LA TUA FAMIGLIA, CONSIDERANDO LE VOSTRE CARATTERISTICHE E LE VOSTRE ABITUDINI...

POI FAI UN BEL DISEGNO DI FAMIGLIA E SE TI VA INVIALO AL BLOG!

GRAZIE




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